Translate

domenica 30 maggio 2010

I Verdi cotti al fotovoltaico

Tratto dal Corriere della Sera del 30 maggio 2010

IN PROVINCIA DI VITERBO - GLI INVESTIMENTI SUL TURISMO, LA PROTEZIONE DELL’UNESCO. E ORA ETTARI DI SCHERMI TRA LA RISERVA DEL MONTE RUFENO E IL PARCO DELLA VAL D’ORCIA
L’energia verde che inquina
il paesaggio della valle etrusca
Abitanti in rivolta, lite tra sindaci
Tutta colpa dei pannelli fotovoltaici

Acquapendente. 3 Aprile 2010. «O’ che fai?». «Spiano ». «Per la vigna?». «Noo. Pannelli solari. Tredici ettari ». La storia della vallata ferita inizia così. Con la ruspa che mastica in zolle una distesa di fiori gialli. E con l’operazione di intelligence di Carletti Finaldo, contadino. È lui a lanciare l’allarme, in quella porzione di verde e di pace annessa all’antico borgo medievale immerso in un’atmosfera senza tempo: le viuzze del centro, battute per secoli dai pellegrini della via Francigena; i ruderi delle mura che videro soggiornare in città Ottone il Grande di Sassonia; la cripta romanica di San Sepolcro con la leggendaria pietra segnata dal sangue di Gesù. Ma il grido di Finaldo arriva il giorno di sabato santo. E i vicini, tutti intenti a sfornare pizze di Pasqua, non prendono troppo sul serio quell’omone dal volto scolpito che gira con un codazzo di dodici minuscoli cani. Una distesa di pannelli solari? Proprio in questa vallata etrusca stretta tra due parchi: la riserva naturale del monte Rufeno e il Parco della Val d’Orcia patrimonio dell’Umanità protetto dall’Unesco? «Suvvia, non è possibile», gli risponde Aimone Bisacchi, allevatore di cavalli. «Ma se ci fanno una testa così con la vocazione del turismo naturale. Ci hanno dato i fondi per restaurare i ruderi. E adesso fanno una bruttura là in mezzo?», aggiunge scuotendo la testa. Il tarlo però comincia a diffondersi tra gli abitanti di Acquapendente, località Trevinano, podere San Luca: due agriturismi, un paio di fattorie, qualche antico casale, prati a perdita d’occhio pettinati dal vento, farfalle, un piccolo stagno con polifonia di rane, e, quando il sole affonda dietro il monte Amiata, un passeggio di istrici, cinghiali e caprioli.

Tempo di ripensarci e la scampagnata di Pasquetta si trasforma in riunione operativa. La verità viene fuori pian piano. Ed è quella temuta da Finaldo: l’impianto fotovoltaico si farà. Il progetto prevede un grande lago di schermi neri di 5 chilometri di lato prodotto dalla Green Consulting srl di Terni. Il più infuriato è il signor Ivano che si scopre «collaborazionista». A lui avevano solo chiesto di far passare un cavo sul proprio terreno. Nessuno aveva spiegato perché. E lui si era fidato del vicesindaco presente, Claudio Colonnelli. Chiederà indietro il permesso. Intanto scatta l’allarme rosso. E alla testa del neonato comitato spontaneo si mette Andrea Bonsignori, ex sindaco di Radicofani e ora consigliere comunale, che spiega: «Questa parte di terra aveva cominciato a configurarsi come perfetta per investimenti agrituristici: vicina al territorio toscano ed umbro, campagna con vista mozzafiato, strade sterrate difficili per le automobili ma perfette per le camminate». Lesley Bowles, guida turistica inglese, mostra lo sterrato indignata: «C’è gente che ha investito denaro. E ora viene beffata senza essere nemmeno avvisata?». Tutti si domandano chi ha autorizzato l’avvio dei lavori. Sindaco e vicesindaco della frazione fanno a scaricabarile. Anche l’assessore all’Ambiente del Comune di Acquapendente, Claudio Speroni, dice di non saperne niente. A guardare le carte, invece, questa vicenda comincia il 25 settembre del 2009 quando la Green Consulting richiede all’Ufficio Amministrativo Pubblicazione Albo Pretorio del Comune di Acquapendente (Viterbo) di pubblicare un avviso pubblico per un’istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale di un impianto fotovoltaico da realizzarsi in località San Luca. La pubblicazione termina il 12 novembre. Nessuno si fa vivo. Del resto nessuno ne sa nulla. Il 15 dicembre c’è una prima conferenza servizi. Lo stesso giorno il sindaco di Acquapendente, Alberto Bambini, in un fax alla Provincia di Viterbo esprime parere favorevole. Con una sola condizione (già offerta nel progetto): un perimetro di rampicanti per mitigare l’impatto visivo.

A domanda precisa ora il sindaco Bambini dice di aver sospeso il giudizio: «Verificheremo. Non credo sia devastante. Certo un cambio di paesaggio c’è. Ma non è invasivo. E poi tecnicamente è difficile dire di no. Si punta sulle energie rinnovabili. Ma abbiamo già rifiutato l’eolico, e le biomasse. I Comuni e le Regioni, come la Puglia, che ci hanno provato hanno avuto torto alla Corte Costituzionale. E poi è un investimento da 3 milioni di euro: dà posti di lavoro». L’ingegner Francesco Saverio Guarino, della Green Consulting, concorda e fornisce una stima francese allettante: «Ogni 10 Mgw, pari a 20 ettari di terreno impegnati, danno lavoro fino a 18 persone, tra giardinieri, personale di manutenzione eccetera. Ogni ettaro, che oggi ai contadini rende 500 euro scarsi l’anno, col solare rende tra i 3.000 e i 3.500». Per non parlare di chi acquisterà l’impianto. OgniMgw vale 3 milioni di euro. In 7 anni l’investitore si rifà dell’intera somma investita e comincia a guadagnare con la vendita dell’energia. Altro che Bot e Cct, le percentuali di rendita sono pari al 15-20%». È proprio quel ricco margine di guadagno che in tutta Italia non è sfuggito a speculatori, truffatori e criminalità organizzata. Tutti al lavoro a reinventarsi maghi della green economy. Per tipi senza scrupoli rende di più e fa più chic di altri traffici meno politically correct. Ognuno ci ha messo del suo. C’è chi ha fatto incetta di terreni agricoli per un pugno di euro, rivendendoli a prezzi maggiorati ai produttori di energia, senza avere uno straccio di permesso. E c’è chi ha lucrato sugli incentivi per le energie rinnovabili. Nettamente superiori alla media europea. Nel 2009 avrebbero superato i 2 miliardi di euro. Quest’anno i 3. Nel 2015 dovrebbero salire a 5. A 7 nel 2020. Tutti pagati dai contribuenti in bolletta. Un affare che ha scatenato anche appetiti mafiosi come testimoniano clamorose inchieste recenti. Così si è scoperto che il business «pulito », tutto raggi di sole e soffi di vento, nasconde insidie pesanti e possibili giri di mazzette per far chiudere gli occhi ad amministratori distratti o compiacenti pronti a sposare la tesi (che convince però anche molti in buonafede) dell’urgenza delle energie rinnovabili ad ogni costo. Anche di devastare il paesaggio.

Ma lassù, aldilà del crinale verde punteggiato da fiori rubino, c’è chi la vede in modo opposto. E Acquapendente si riscopre terra di frontiera. Lì, dove finiva lo Stato Pontificio e iniziava il Granducato di Toscana, è provincia di Siena. E la musica è totalmente diversa. Il sindaco di Radicofani è già sul piede di guerra. Teme che quella distesa di schermi neri possa mettere a rischio il patrocinio dell’Unicef. E in una lettera di fuoco inviata al sindaco di Acquapendente lo mette nero su bianco chiedendo garanzie: «Ci troviamo nei fatti nella paradossale situazione di scontare gli effetti». E, ritenendo che in un territorio «di grande pregio ma particolarmente vulnerabile » il fotovoltaico vada limitato all’autoconsumo o collocato in zone extragricole, chiede una «valutazione interregionale sull’impatto ». L’ingegner Guarino minimizza: «L’impianto potrebbe anche essere di minori dimensioni. Consente all’erba di crescere sotto i pannelli e agli animali di passarci tranquillamente. Siamo agli sgoccioli delle procedure. Aspettiamo la valutazione di impatto ambientale che per questo genere di opere è semplificata. Contiamo per giugno di avere il via libera». Ma un assaggio di ciò che accadrà in località San Luca si può avere a un paio di chilometri dal centro di Acquapendente. Basta porsi sul patio della signora Caterina Bartolini. Sotto tranquillanti da venti giorni. Da quando, a ridosso del suo muro di cinta, sono giunte le ruspe. Manco a dirlo: fotovoltaico senza preavviso. Invano ha chiesto aiuto ai vigili. Ora si dispera: «Sono dei pazzi. Montano questi schermi neri di silicio che si vedono benissimo nonostante la recinzione. E possono raggiungere una temperatura di 70 gradi: gli animali che passeranno sotto li faranno fritti e noi arrosto ».

Virginia Piccolillo

Nessun commento:

Posta un commento