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lunedì 3 ottobre 2011

VAJONT


9 ottobre 1963, ore 22,39, un terribile boato come un immane urlo disumano, un rombo violento, fece tremare la valle e il paese di Longarone. Un'onda gigantesca di 250 milioni di metri cubi d'acqua, si abbatté sulla valle nel buio della notte. La natura si era rivoltata all'uomo e aveva parlato, anzi gridato come una bestia ferita per l'offesa e lo stupro subito da parte dell'arroganza dell'uomo. La diga, quella enorme mostruosa struttura di cemento aveva alterato un equilibrio di milioni di anni, tappando come un orribile involucro la valle del Diavolo e scatenato le forze ctonie del monte Toc. Una frana gigantesca con un fronte lungo chilometri quella notte si staccò d'un colpo dal fianco del monte precipitando nel lago, un lago reso artificialmente troppo profondo, per questioni di esigenze di produzione elettrica. Così una quantità di acqua spaventosa s'era trovata sospesa a quote molto elevate su una valle abitata. Ci furono duemila morti, di molti non si ritrovò nemmeno il corpo. Eppure la natura aveva mandato tanti segnali. Squarci sui fianchi del monte, frane, piccoli terremoti, un ribollire delle acque del lago. Tutto inutile se l'uomo non vuole ascoltare. Gli ingegneri e i geologi dell'Enel non se la sentirono di fermare la diga, né di far evacuare la popolazione quando ormai era evidente l'imminenza del disastro. L'Italia aveva bisogno di energia, era in atto un boom economico e demografico che aveva sete d'energia e quella diga serviva maledettamente. Fu la più grave catastrofe del dopoguerra, causata dall'uomo. Una giustizia sfuggente e tardiva non rese quello che era dovuto a vittime e parenti. Ma la cosa più grave è che la lezione non è servita. La macchina umana continua con i paraocchi la sua corsa folle. Lo stupro e la devastazione della natura continua come se la natura non esistesse e non ci parlasse ogni momento. Continuiamo a non ascoltare. Eppure parlano i cambiamenti climatici, il buco dell'ozono, il diffondersi della coltre di gas serra e delle polveri sottili, l'inquinamento delle acque di fiumi e mari, l'esaurirsi della falde acquifere. Parlano il diffondersi di nuove epidemie, delle malattie degenerative e da stress, delle malattie respiratorie, del cancro. Per allungare la vita e per nutrire un numero sempre più alto di esseri umani si deve ricorrere alla produzione ed immissione nell'ambiente di quantità gigantesche di prodotti chimici e farmaceutici. Gli aerei sfrecciano sempre più numerosi immettendo nel cielo i fumi della combustione del cherosene. I mari sono sempre più trafficati da navi che portano merci e petrolio. E' tutto un proliferare di polluzioni e sversamenti nell'aria e nelle acque. Nessuno ascolta la natura, gli scricchiolii che vengono dalla montagna.

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