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lunedì 28 novembre 2011

DURBAN: UN ALTRO FALLIMENTO

Durban mi ricorda il nome di un vecchio dentrificio: Durbans mi sembra si chiamasse. Durbans serviva per assicurare un bel sorriso. Durban invece ci farà fare grasse risate. Inizia oggi 28 novembre, infatti, a Durban la conferenza Onu sui cambiamenti climatici. Parteciperanno i rappresentanti di circa 200 paesi. Pare che si discuterà ancora di come ridurre le emissioni di anidride carbonica. Il fatto è che il Protocollo di Kyoto, che doveva servire proprio a quello scopo, è miseramente fallito dopo che Usa, Cina e Brasile si sono tirati fuori. Ridurre le emissioni di Co2? Un bel problema. Con l'aria che tira, l'unica tecnologia ad emissione zero di anidride carbonica, cioè l'energia nucleare, sta chiudendo i battenti in alcuni paesi europei. Anche se Usa e Giappone (e la Francia) dicono di voler andare avanti, nonostante Fukushima, magari raffinando la tecnologia. Altri modi per ridurre l'anidride carbonica e l'effetto serra non se ne vedono, e i vari filtri messi alle ciminiere e agli scarichi industriali servono a poco. La Co2 aumenta, con o senza filtro. Il problema è sempre lo stesso: si vuole curare il cancro con l'aspirina. Si è giunti a pensare di tassare i viaggi aerei e le transazioni economiche internazionali per foraggiare i paesi in via di sviluppo e incoraggiarli all'uso delle energie rinnovabili. Si è pensato in particolare ad un “fondo verde”, un meccanismo che dovrebbe permettere ai paesi ricchi di aiutare i più vulnerabili, con l’obiettivo di trasferire 100 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2020. Una questione che sarà seguita con attenzione dai paesi africani, i meno attrezzati a proteggersi dagli sconvolgimenti del clima che si preparano (o si preparerebbero...).
Voglio fare il facile profeta. La conferenza di Durban sarà l'ennesimo fallimento. Infatti la causa principale della polluzione di gas serra e dell'inquinamento atmosferico, la sovrappopolazione umana, non compare in nessun documento dei cervelloni dell'Onu che si adunano a Durban. Come per tutte le strutture elefantiasiche della Organizzazione delle Nazioni Unite, i burocrati sono tutti impegnati a salvaguardare le proprie laute prebende, piuttosto che l'atmosfera del pianeta, quindi i veri problemi non vengono affrontati. Troppi interessi impediscono di affrontare alla radice il problema delle eccessive emissioni e della combustione degli idrocarburi. Non ci sono solo gli interessi dei paesi produttori di petrolio. Ci sono le chiese monoteistiche da tenersi buone. Gli interessi di potenza che fanno della natalità un'arma. Le multinazionali che prosperano sulla proliferazione dei consumatori. Ma persone responsabili preoccupate del pianeta, dovrebbero porre il problema della sovrappopolazione, una tragedia che ci sta divorando. I tempi sono sempre più stretti, l'ambiente si sta degradando giorno per giorno. Si potrebbero prendere decisioni importanti, immediate. Perché non legare ad esempio gli aiuti del fondo verde (100 miliardi di dollari annui) ai paesi africani alle politiche demografiche? Ma qui si entrerebbe nei problemi seri, e la serietà non è di casa a Durban, lì c'è solo da ridere.

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