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mercoledì 21 agosto 2013

Il Racconto del Vucumprà



OSTIA LIDO-ROMA. Un giovane Vucumprà che vende le sue cianfrusaglie sulla spiaggia di Ostia dopo pochi convenevoli, racconta la sua storia. E' la storia di un clandestino, immigrato su un barcone che lo ha portato sulle coste italiane dopo un lungo e faticoso viaggio per terra e per mare. Un viaggio dove molti hanno speculato e guadagnato sulla disperazione umana: loschi trafficanti che impongono di pagare a chi spesso non ha di che cibarsi. Proviene da un piccolo paese del nord della Nigeria, vivono di quel poco che da la terra, non ci sono scuole, l'ospedale in un'altra regione, lontanissimo. Si sposano tra cugini, tra affini, tra parenti più o meno lontani, tutti sono parenti con gli altri in una sorta di mondo familiare allargato. Lui, a quindici anni, è già sposato per procura con una cugina di 14. Anche i suoi genitori sono cugini. La madre ha 34 anni e 12 figli. L'unica attività produttiva è fare figli, non c'è altro. Per le donne esiste questo dovere: debbono fare più o meno un figlio all'anno, lo impongono la tradizione, la consuetudine, il volere dei vecchi uomini che comandano, lo vuole dio secondo la religione, lo pretende l'imam, lo desidera il padre. Una donna è schiacciata, non può fare altro che obbedire, non ha i mezzi materiali e culturali per opporsi, non è possibile nessuna forzatuta sociale. Forse lo vuole lei stessa, perché la sua vita è stata tutta dentro il potere opprimente del maschio. La donna non ha alcuna vita indipendente, è un'animale da riproduzione. Finito il periodo di allattamento del figlio appena nato, debbono pensare al figlio successivo. Una gravidanza segue l'altra, c'è appena il tempo di riprendersi dopo il parto e l'allattamento. Poco meno di un figlio all'anno. E questa è una mentalità diffusa in tutto il nord delle Nigeria, ma anche in gran parte del sud. Solo nelle periferie delle grandi città come Lagos c'è qualche piccolo segno di cambiamento: si trovano donne con solo quattro o cinque figli. Ma è una lotta impari. E lui, il piccolo vuccumprà, è stato costretto a scappare a cercarsi altrove dei mezzi per sopravvivere. Anche lui è diventato carne per i trafficanti come tanti altri.

Sulla situazione in Nigeria, e in generale di tutta l'area dell'Africa sub-sahariana riporto qui di seguito l'articolo ben documentato apparso sul New York Times nell'aprile 2012 a firma di Benedicte Kurzen. E' un documento che conferma quanto racconta il giovane vucumprà di Ostia, e ci da un'immagine della situazione disperata di quel paese e delle difficoltà a cambiare culture e costumi atavici e implementati dalle religioni nataliste come islam e cattolicesimo. A speculare su queste popolazioni non sono solo criminali trafficanti, ma anche sedicenti uomini di chiesa e di moschea. Purtroppo alla situazione demografica esplosiva contribuiscono anche le politiche di potenza di alcuni stati nazionali che vedono nei tassi di natalità altissimi un mezzo di potere e di espansione di interessi. Di fronte a tutto questo spicca il silenzio dell'Onu, dei governi delle grandi e medie potenze sia su scala mondiale che locale. Tacciono le organizzazioni non governative, tacciono gli organizzatori dei vari protocolli di Kyoto, delle conferenze sull'ambiente e di quant'altro, dediti ai pannicelli caldi delle emissioni nocive senza vedere da dove originano le emissioni, senza prender atto dell'enorme richiesta di cibo, consumi  e risorse ambientali di miliardi di umani in rapida crescita demografica. Tacciono i verdi e gli ambientalisti del "politically correct" che come i dannati danteschi guardano col collo torto e vedono solo i danni delle imprese e del mercato, senza guardare alle distese oceaniche di umani che chiedono più consumi a quelle imprese e a quel mercato, più produzione, più lavoro, più emissioni, più rifiuti, più energia, più acqua, più più...in un osceno e tragico circolo vizioso per tutti noi e per il pianeta. Spero che l'articolo del NYT qui riprodotto (traduzione personale) possa servire a risvegliare le coscienze.




LAGOS, Nigeria - In un quarto di secolo, al tasso di natalità attuale, la Nigeria raggiungerà  300 milioni di persone - una popolazione grande come quella  attuale degli  Stati Uniti – che vivrà in un paese di dimensioni relativamente piccole rispetto agli Usa, poco superiori a quelle di Arizona, Nuovo Messico e Nevada messe insieme. In queste condizioni gli standard di vita già molto bassi, nonostante il paese sia ricco di petrolio e altre risorse naturali, per molti cadranno ulteriormente. Secondo stime dell’Onu, con gli attuali tassi di crescita si raggiungerà per la sola Nigeria i 900 milioni di abitanti alla fine del secolo. La grande maggioranza si avvierà alla emigrazione. Nuovi disperati traverseranno in massa il mediterraneo. Già attualmente in Nigeria, nonostante i fenomeni di deforestazione, di stravolgimento dell’ambiente naturale, di inurbamento massiccio della popolazione e di forte cementificazione delle campagne, la situazione abitativa è drammatica. Residenti permanenti come Peju Taofika e le sue tre nipotine abitano una stanza in un tipico condominio conosciuto come “Face Me, Face You”,perché intere famiglie sono costrette ad infilarsi in camere da 7-11 piedi, che danno a loro volta su un lungo un corridoio stretto. Fino a 50 persone condividono una cucina, wc e lavandino - anche se i tubi del quartiere spesso non portano più acqua, che arriva con difficoltà e sempre di meno.
 Alla scuola primaria “Alapere”,  tanti studenti sono stipati in piccole aule, più di cento per ogni aula, e a volte c’è una scrivania ogni due aule. Coloro che riescono a diplomarsi o laurearsi ed escono dalle scuole e dalle università, rimangono per lo più disoccupati, essendo il tasso di disoccupazione della Nigeria superiore al 50 per cento per le persone  in età compresa tra 15-24 anni nelle aree urbane . Questa è una delle cause principali della alta criminalità e del malcontento, che va ad alimentare estremismi e ribellioni, spesso armate. La crescita della classe medio-alta è purtroppo lenta e difficile , in un territorio che è molto degradato e privo di mezzi, in cui gli spostamenti anche da periferie vicine possono richiedere due o tre ore. Lo scorso ottobre, le Nazioni Unite hanno annunciato che la popolazione mondiale aveva superato i sette miliardi e potrebbe espandersi rapidamente per decenni, mettendo a rischio le risorse naturali, se i paesi non possono gestire meglio la crescita e non seguiranno politiche di controllo. Quasi tutto l'esplosione  è nell’ Africa sub-sahariana, dove l'aumento della popolazione supera di gran lunga l’espansione economica, estremamente lenta e limitata. Dei circa 20 paesi in cui le donne hanno in media più di cinque figli, quasi tutti sono nella regione sub sahariana. Il Niger, paese poverissimo, ha una media di 7,5 figli a donna. Altrove nel mondo in via di sviluppo, in Asia e in America Latina, i tassi di fertilità si sono ridotti nelle ultime generazioni e ora tendono ad assomigliare a quelli degli Stati Uniti - appena sopra due figli per donna. La trasformazione è stata trainata in ciascun paese da un mix di opportunità di istruzione e di occupazione per le donne, l'accesso alla contraccezione, l'urbanizzazione e una classe media in continua evoluzione. Se elementi economici e sociali e forze simili potranno disinnescare la bomba demografica in Africa sub-Sarahan non è chiaro, dicono gli esperti. "Il ritmo di crescita in Africa è diverso da qualsiasi altro mai nella storia e un problema critico", ha detto Joel E. Cohen, professore di popolazione alla Rockefeller University di New York City. "Ciò che è efficace nel contesto di questi paesi (Africa sub-sahariana) non può essere quello che ha agito in America Latina o in Kerala o nel Bangladesh." La Nigeria, già sesta nazione più popolosa al mondo, con 167 milioni di persone, è un banco di prova cruciale, dal momento che il suo successo o il fallimento nel tentativo di abbattere la natalità avranno un'influenza enorme sulla popolazione mondiale. Se questa grande nazione ricca di petrolio non può controllare la sua crescita, che speranza c'è per i tanti piccoli paesi, le nazioni più povere?
 "La popolazione è fondamentale", ha detto Peter Ogunjuyigbe, un demografo dell’Università di Obafemi Awolowo, una piccola città centrale di Ile-Ife. "Se non si prendono cura della popolazione, le scuole non possono far fronte, gli ospedali non possono far fronte, non c'è abbastanza abitazioni - non c'è niente che puoi fare per avere uno sviluppo economico."
 Per due decenni, il governo nigeriano ha raccomandato che le famiglie si limitino a quattro figli, con scarso effetto. Anche se ha riconosciuto che più paesi di prima cercano di controllare la popolazione, Parfait M. Eloundou-Enyegue, professore di sociologia dello sviluppo presso la Cornell University, ha detto: "Molti paesi si basano solo sulla religione per far fronte alle rivolte per il cibo o quando affrontano il problema di avere il più alto tasso di fertilità nel mondo, o cominciano a preoccuparsi dell’ agitazione politica delle classi giovanili. " Così facendo non fanno che aggravare il problema. In Nigeria, dicono gli esperti, il grande aumento di giovani disoccupati con poca speranza hanno alimentato la crescita del gruppo islamico radicale Boko Haram, che ha bombardato e bruciato più di una dozzina di chiese e scuole solo quest'anno. A livello internazionale, il boom della popolazione africana significa più immigrazione clandestina, già a numeri molto alti, secondo Frontex, l'agenzia europea delle frontiere. Solo negli Stati Uniti ci sono fino a 400.000 africani senza documenti. In Europa sono molti milioni. In Nigeria, come in altri paesi dell'Africa sub-sahariana, si è registrato un lieve calo dei tassi di fertilità media, a circa il 5,5 l'anno scorso da 6.8 nel 1975. Ma questo livello di fertilità, in combinazione con una popolazione estremamente giovane, mette ancora tali paesi su una curva di crescita forte e disastrosa per l’Africa e per il pianeta. La metà delle donne nigeriane sono under 19, e stanno per entrare nell’età del picco di gravidanze.

 Le donne lasciate indietro

 Le statistiche sono mozzafiato. L'Africa sub-sahariana, che rappresenta attualmente il 12 per cento della popolazione mondiale, rappresenterà più di un terzo della popolazione del globo entro il 2100, secondo quel che dicono molte proiezioni.
 Poiché l'Africa è stata per secoli basata sull'agricoltura e scarsamente popolata, aveva senso per i leader e per i capi locali di promuovere elevati tassi di fertilità. I programmi di pianificazione familiare, introdotti a partire dal 1970 da gruppi come USAID, sono stati accolti in maniera negativa sia dai dirigenti governativi che dalle popolazioni e sono stati inizialmente considerati con sospetto come programmi voluti da stranieri. Inoltre, più tardi, il denaro proveniente da queste organizzazioni e destinato ai programmi di maternità responsabile e igiene della gravidanza, e l'attenzione delle autorità, sono stati dirottati dalla pianificazione familiare alla crisi dell'AIDS in Africa. "Le donne in Africa sub-sahariana sono state lasciate indietro", ha detto Jean-Pierre Guengant, direttore di ricerca presso l'Istituto di Ricerca per lo Sviluppo, a Parigi. Il passaggio drastico da alto a basso tasso di natalità che hanno avuto luogo nei paesi poveri in alcune zone dell’ Asia e in America Latina deve ancora accadere qui. Purtroppo l’incremento della presa degli islamisti radicali sulle popolazioni non ha giovato, ritardando la presa di coscienza e lo sviluppo culturale che in genere si accompagna ad una natalità più responsabile. Questo passaggio a tassi minori di natalità porta spesso notevoli vantaggi economici, ha detto Eduard Bos, specialista sulla popolazione presso la Banca Mondiale.  Riducendo la natalità, quando l'ultimo gruppo di popolazione di grandi dimensioni raggiunge l'età di lavoro, il numero di adulti nel mercato del lavoro è elevato rispetto ai gruppi più dipendenti - i giovani e gli anziani - per un certo periodo di tempo. Se gestito bene, il surplus di risorse generato dagli adulti crea capitale che può essere utilizzato per migliorare la salute e l'istruzione e per sviluppare nuove industrie. E questo è accaduto altrove. Il Prodotto interno lordo pro capite in America Latina, Asia e Nord Africa è aumentato da tre a sei volte da quando la popolazione è tornata sotto controllo, anche se parzialmente per il nord Africa dove la natalità è rimasta relativamente alta, ha detto il dottor Guengant. Nello stesso periodo è aumentato solo marginalmente in molti paesi africani che subiscono gli effetti dell’esplosione demografica, nonostante la robusta crescita economica generale di tante aree del pianeta. In Nigeria, i politici stanno studiando il modo per favorire la transizione, e i benefici finanziari che ne conseguirebbero, qui dove la sovrappopolazione determina condizioni di vita scadute e alti tassi di criminalità. Nelle città fatiscenti della zona Oriade vicino a Ile-Ife, dove le strade sono piene di bancarelle che vendono le carte prepagate del cellulare e cibo tipo sacchetti di patatine, il team del Dott. Ogunjuyigbe va di porta in porta a studiare gli atteggiamenti verso la dimensione della famiglia e come influenza la salute e la ricchezza. Molti giovani adulti, in particolare le donne istruite, ora vogliono 2-4 bambini. Ma le preferenze degli uomini, gli uomini in particolare anziani, sono state più lente a cambiare - cruciale in una cultura patriarcale dove la poligamia è molto diffusa. Nella sua casa di cemento nella città di Ipetumodu, Abel Olanyi, 35 anni, un operaio, ha detto che ha quattro figli e ne vuole altri due. "Il numero di figli che un uomo riesce ad avere dipende dalla tua forza e dalla tua capacità e quindi misura il valore di un’uomo" ha detto, mentre sua moglie era seduta in silenzio al suo fianco. L’alta prolificità è un grande segnale di prosperità e importanza nella cultura delle famiglie africane; alcune culture lasciano che le donne possano partecipare alle riunioni del villaggio solo dopo che hanno avuto il loro 11 ° figlio. Grand mama è l’appellativo di queste donne che hanno avuto tanti figli ed è uno status sociale segno di rilevanza e di rispetto sociale. Il passato caratterizzato dagli alti tassi di mortalità infantile, oggi migliorati grazie a interventi come la vaccinazione e gli antibiotici, contribuisce culturalmente a rendere le famiglie riluttanti ad avere meno figli. Muriana Taiwo, 45 anni, ha spiegato che era "volontà di Dio" per lui avere 12 figli dalle sue tre mogli, chiamando ogni bambino una "benedizione", perché ricordava che quando era piccolo molti dei suoi fratelli erano morti. In un paese profondamente religioso in cui molti cattolici e musulmani si oppongono alla contraccezione, politici e medici affrontare l'argomento con cautela, e il cambiamento è lento. I poster che cercano di contrastare il fenomeno della eccessiva natalità parlano di " assicurare nascite più regolari nel tempo ", e non di "controllo delle nascite" idea che verrebbe immediatamente contrastata . Forniture di contraccettivi sono spesso irregolari, episodiche. Il solo fatto di aprire centri che insegnano l’igiene della gravidanza o distribuiscano profilattici espone a rischio gli operatori che vi lavorano, che sono mal visti e ricevono minacce (che a volte sfociano in fatti concreti come aggressioni, ferimenti o addirittura uccisioni).

 Fattori culturali

 In alcuni paesi asiatici, quelli che poi hanno assistito a forte sviluppo economico, l'uso di contraccettivi delle donne è salito alle stelle da meno del 20 per cento al 60 al 80 per cento in alcuni decenni. In America Latina si assiste al fatto assolutamente nuovo che le ragazze riescono in gran parte a finire la scuola superiore, e ciò è direttamente correlato ad un forte calo della natalità. Ma in Africa l'uso di contraccettivi è in aumento solo per una frazione di punto percentuale ogni anno - in molte nazioni dell'Africa sub-sahariana, è sotto il 20 per cento - e, nelle indagini, anche le donne istruite nella regione spesso vogliono 4-6 bambini. A ciò non è estraneo, oltre all’Islam, il lavoro di propaganda di certe missioni cattoliche che continuano con ottusità a lavorare per l’alta natalità e, di fatto, per l’arretratezza economica. "Di questo passo ci vorranno oltre 100 anni per arrivare a un punto in cui è controllata la fertilità", ha detto il dottor Guengant. Ma quali saranno allora le condizioni del pianeta? Ci sono anche differenze regionali. Il numero medio di figli per donna nel sud più ricco della Nigeria è leggermente diminuito negli ultimi cinque anni, ma aumentato a 7.3 nel nord a maggioranza musulmana, dove le donne spesso non possono andare in una clinica di pianificazione familiare se non accompagnate da un uomo. La sudditanza delle donne agli uomini non è solo un ritardo culturale, ma un vero danno oggettivo per queste popolazioni. Le Nazioni Unite stimano che la popolazione mondiale si stabilizzi a 10 miliardi nel 2100, assumendo ottimisticamente che il tasso di natalità in declino alla fine produrrà una media globale di 2,1 figli per donna. Ma basterebbe poco per portare al disastro:  ad una velocità di appena 2,6 figli per coppia, ha spiegato il Dr. Guengant , il numero della popolazione a fine secolo diventerà di 16 miliardi. I tassi di crescita infatti aumentano esponenzialmente in quanto il numero di figli medio si moltiplica per una base estremamente più ampia ( con un miliardo di abitanti e 2,1 figli in media si cresceva poco; con sette miliardi e sempre 2,1 figli in media si cresce moltissimo). Ci sono segnali che i mutamenti economici e stili di vita degli africani di classe media possono contribuire a invertire la tendenza, dice il dottor Ogunjuyigbe . Come la Nigeria entrerà nei processi di urbanizzazione globale (già in atto ma con velocità variabili da regione a regione), l'aiuto dei bambini non sarà più necessario nei campi, e le famiglie allargate si spera diminuiranno. "I bambini sono stati visti come una sorta di assicurazione per il futuro, ora sono una responsabilità per tutta la vita," ha detto Ogunjuyigbe.
 In attesa in un ambulatorio di una clinica per la salute delle donne, Ayoola Adeeyo, nigeriana di 42 anni, ha detto che desiderava che i suoi quattro figli, di età compresa tra 6 e 17, potessero frequentare l'università, e non voleva più figli. "La gente continua a desiderare 6 o 7 o anche 12 figli, ma nessuno può farlo ora. E ' l'economia ", ha detto la signora Adeeyo, elegante in un abito verde che si distende flessuoso fino ai piedi e con la testa avvolta in una stoffa dello stesso colore. "Costa un sacco di soldi crescere un bambino." Il Dr. Eloundou-Enyegue esprime preoccupazioni circa il fatto che il tasso di natalità in declino in Africa riguarda le famiglie relativamente ricche, composte da persone colte che sono portate ad investire nella crescita dei figli "di qualità", mentre i poveri continuano ad avere molti figli, e teme che ciò rafforzi le divisioni tra ricchi e poveri. "Quando si dispone di un sistema con un ampio grado di corruzione e di disuguaglianza, è difficile non essere portati a giocare alla lotteria facendo tanti figli, perché aumenta le probabilità che un bambino avrà successo," ha detto. Anche la corruzione diffusa contribuisce a spingere ad un alto numero di figli. L’importanza delle famiglie, anche in questo campo, si misura sul numero di persone che la compongono. In un paese disperatamente povero vicino alla Nigeria, il Niger, le donne hanno in media più di sette figli, e gli uomini considerano loro ideale di essere più di 12. Ma con la terra divisa tra tanti figli, c’è una riduzione delle dimensioni della terra che tocca a ciascuna famiglia, scese di più di un terzo dal 2005, e questo comporta che c'è poca speranza a lungo termine per l'alimentazione dei bambini, ha detto Amadou Sayo, del gruppo CURA aiuto. Babatunde Osotimehin, direttore esecutivo del Fondo della Popolazione delle Nazioni Unite ed ex ministro della salute nigeriano, riferisce di essere ottimista per una inversione di tendenza dei tassi di natalità se i governi miglioreranno il supporto all’educazione per le ragazze ed i servizi che dispensano contraccettivi. "Siamo in grado di vedere i cambiamenti rapidi, ma rimangono aleatori, perché devi essere aggressivo e coerente per avere possibilità di successo". Le resistenze culturali, sociali e religiose sono fortissime. Che la battaglia sia con alti e bassi, o addirittura con passi indietro si può vedere da ciò che è successo in Kenya, Etiopia e Ghana, dove i tassi di natalità, dopo essere scesi in passato, sono risaliti fino a circa quattro figli per donna. Una mattina recente a Lagos, centinaia di pazienti hanno atteso presso il distretto della clinica Keto per trattamenti come i vaccini contro il morbillo, la malaria e le pillole di controllo delle nascite. "Certo, quando la popolazione cresce così in fretta, gli ospedali sono sotto stress", ha detto la dottoressa Morayo Ismail – e inoltre la migrazione dalle zone rurali ha gonfiato la popolazione di Lagos. Madre di un figlio lei stessa , la Dr.ssa Ismail ha detto che molte donne povere vogliono ancora quattro o più figli, nonostante abitino in città. Quella sera, alla clinica di Lagos, Bola Agboola, 30 anni, ha dato alla luce il suo secondo figlio. Gli infermieri, dopo che hanno fasciato il bimbo, eliminata la placenta e dichiarato Ms. Agboola in buono stato, facevano baldoria, lodando Iddio. E questo esprime più di tante parole la mentalità prevalente. Poi, dopo che il marito della signora Agboola era stato fatto entrare , alcuni hanno cominciato un altro canto: "Ora inizia a pensare ad un altro. Datti da fare per un altro. " Questi canti, questi modi di festeggiare esprimono una mentalità diffusa e difficile da sradicare.

4 commenti:

  1. Utile articolo, così come l'introduzione, che chiarifica, nel problema enorme della sovrapopolazione nel pianeta, qual'è purtroppo la mentalità media degli africani.

    O.T.: Sono rimasto colpito quando ho letto la tua presentazione, a destra della pagina, come autore del blog:
    "Contrario a tutte le ideologie totalitarie e collettiviste, considero i diritti delle persone il primo valore da difendere."
    Ma, Agobit, volevo chiederti: non pensi che un'esortazione al controllo delle nascite (in risposta a questo grande problema del pianeta) sia una politica "collettivistica"? (nel senso positivo, se possibile, del termine).
    Ossia una politica che cerchi di gestire le dinamiche della società relativamente alla consistenza della popolazione per avere un rapporto risorse/abitanti sostenibile per il pianeta.
    Una tale politica sarebbe comunque un intervento "dall'alto", in un'ottica collettivistica.
    D'altro canto, è proprio in un'ottica fortemente personalistica che molte famiglie africane si ostinano a continuare a sfornare figli, non pensando che la *somma* delle azioni personali di ognuno porta inevitabilmente alla povertà.

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  2. Concordo, Vittorio, sul rischio per la libertà costituite dalla politica interventista necessaria a controllare il rapporto risorse/ abitanti. Su questo tema ho fatto alcuni interventi, in particolare sul tema della decrescita. Politiche volte a controllare il prodotto interno lordo e a indirizzare la produzione e i consumi, intervenendo così sulla libertà e la libera determinazione delle persone, sono una manna per vecchi e nuovi marxisti, per vecchi e nuovi statalisti. Tuttavia il problema ambientale è ormai un'emergenza che riguarda la salvezza del pianeta, e l'argomento non è più il dilemma tra liberalismo e collettivismo, ma tra antropocentrismo e rivoluzione copernicana che ponga al centro la natura e non più l'uomo. Siamo come degli esploratori in territorio ignoto, dobbiamo ripensare a nuove forme di politica e di economia, a nuovi tipi di società. Da liberale non posso che vedere un rapporto sostenibile tra uomo e natura in cui sia conservata la libertà della persona. In questo senso non è contraddittorio mettere al primo posto il rientro demografico in limiti eco-sostenibili. La sovrappopolazione non è solo un pericolo per la biosfera, ma anche per la libertà degli uomini. Non sono solo i paesaggi, le piante, gli animali, le foreste, l'aria, i suoli e le acque ad essere in pericolo. La vita di miliardi di umani ammassati in spaventose megalopoli mette a rischio la qualità e il senso della vita delle persone. Un mondo dove l'individuo è sempre più un numero insignificante e dove prevale la massa con le sue esigenze e necessità è già un mondo totalitario, un mondo dove la coazione diretta e indiretta è troppo forte rispetto alla singola persona.

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  3. Credo anche io che sia un problema di mentalità
    D'altronde,anche qui meno di un secolo fa era facile trovare donne con 10 figli o giù di lì.

    Però,c'è un però......
    In Africa ci saranno pur motivi (non dico uguali,ma) simili a quelli che portavano le donne italiane ad avere tanti figli,
    ma NOI oggi, come altri paesi,mandiamo lì gli aiuti e aspettiamo in silenzio che loro arrivino qui, perchè lì non hanno possibilità.
    A me tutto questo sembra assurdo.

    Dico: va bene, non puoi cambiare la loro mentalità dall'oggi al domani?
    Sono restii e diffidenti a chi propone loro contraccettivi o pillole?
    Bene, ok.
    Però si dica anche loro che RESTINO lì dove vivono, non possono assolutamente venire qui o altrove a cercare cibo e acqua in massa.
    Vogliono fare tanti figli?
    Se li tengano lì.

    Forse così la capiranno , e anzichè intonare cori di benedizione ad ogni nuova nascita, forse si metteranno le mani in testa all'annuncio di una nuova gravidanza,
    perchè dove si ha difficoltà a mangiare (e vivere) in 4 non si può mangiare (e vivere) in 5,6....10.


    Sono cattiva?

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  4. No, non sei cattiva e dici bene. E' cattivo chi si tappa gli occhi e fa finta di non vedere dove ci sta portando questo modo di intendere il pianeta e di mettere al centro solo l'uomo con i suoi interessi. Del resto cambiare la mentalità è cosa difficile e noi nel nostro paese abbiamo impiegato più di un secolo a ridurre i tassi di natalità. In Africa ci sono motivazioni forse ancora più profonde e difficili, e molto del da farsi sta a noi. Mi sembra giusto legare la politica di aiuti allo sviluppo a politiche demografiche di rientro da parte dei governi locali.

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