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sabato 24 maggio 2014

Il dibattito sul fallimento del movimento ambientalista


Nella foto: l'ambientalista "pentito" Patrick Moore


Il movimento ambientalista è fallito. Dice Jacopo Simonetta in un bell’articolo sull’argomento pubblicato su www.malthusday.blogspot.it: “Le associazioni storiche sopravvivono, i partiti “verdi” scompaiono, i pochi limiti legali e morali faticosamente posti alla distruzione del pianeta vengono man mano rimossi senza pudori”.
I motivi del fallimento sono al centro di un dibattito che non interessa i singoli movimenti ma riguarda una discussione globale sul futuro del pianeta. Sull’ultimo numero delle Scienze c’è un’intervista interessante a Patrick Moore, cofondatore di Greenpeace e ambientalista pentito (“ragionevole” come si definisce lui). Patrick, che ai tempi era un capellone vestito country, oggi si è tagliato i capelli (radi) e veste normale, un cambiamento che esprime molte cose. 
Ce l’ha con  Greenpeace e con tutti gli ambientalisti, dice che le posizioni ideologiche preconcette hanno rovinato il movimento e fa due esempi: la battaglia sul cloro e quella contro il Golden Rice. Greenpeace, poiché la diossina contiene cloro, aveva messo al bando questo elemento facendo lotte per vietarne l’uso anche quando era utile come nella disinfezione di piscine e dell’acqua potabile o nella sintesi di antibiotici (tra l’altro anche il semplice sale da cucina contiene cloro).
” Gli ambientalisti”  -dice Patrick- “puntano ad emozionare le persone per stimolarle a muoversi ed agire, ma ricorrono a  bugie e a mezze verità, e  non  dati scientifici, questo è un loro limite”. 
Prima scelgono, per lo più soluzioni approssimative e semplificate, poi giustificano. Guardiamo ad esempio, e qui siamo al secondo tema amato da Patrick, al problema degli Ogm. Perché gli ambientalisti non comprendono l’importanza del Golden Rice (una varietà di riso arricchita per via genetica di protovitamina A)? Greenpeace si batte da anni contro questa varietà, spaventa le madri, arriva a dire che il Golden Rice provoca il cancro ai loro bambini. Greenpeace distrugge addirittura i campi, impedisce i trial, dice che il Golden Rice è il male. Patrick afferma invece con durezza che Greenpeace sta portando avanti, in questo modo, un crimine contro l’umanità. Migliorare una pianta geneticamente significa cercare caratteri agronomici a noi utili (maggiore produzione, resistenze alle malattie). Da 10.000 anni noi miglioriamo le piante e per farlo spostiamo geni e dunque modifichiamo tratti consistenti del genoma con incroci ed innesti. Oggi l’uso del Dna ricombinante ha semplificato e migliorato molto la tecnica. Ma  si è diffusa la paura immotivata, anche per l’azione a tamburo battente degli ambientalisti, al di là delle evidenze scientifiche. In Italia nemmeno è possibile sperimentare in campo. Eppure milioni di bambini, in alcune zone depresse,soffrono della malnutrizione da deficienza della vitamina A. Oltre alla morte, un risultato di questa deficienza è la cecità. Si contano da 250.000 a 500.000 casi di cecità irreversibile ogni anno. La maggior parte di queste persone vive in baraccopoli urbane, che spesso hanno una razione di riso al giorno. Per gli oppositori delle piante Ogm senza se e senza ma, il Golden Rice potrebbe essere un duro colpo: se passa il riso modificato poi far accettare le altre varietà sarebbe un gioco da ragazzi. “E infatti – continua Patrick Moore- per impedirlo Greenpeace spaventa le persone e distrugge i campi  di prova.” Come per il cambiamento climatico: Moore si dice favorevole al nucleare per fermare la produzione di anidride carbonica; lui, che ha fondato Greenpeace.

Nel dibattito sul fallimento ambientalista in cui è intervenuto con il suo interessante articolo, Simonetta individua un errore di fondo che ha portato al fallimento: l’ideologia del progresso. “Sia il capitalismo che il socialismo perseguono infatti il progresso indefinito della società. A mio parere, era invece proprio l’archetipo del progresso che avrebbe dovuto essere messo in discussione”.
Sebbene accenni al problema demografico, Simonetta ritiene che gli ambientalisti avrebbero dovuto puntare a bloccare il progresso economico che è alla origine del progresso tecnologico. Qui Simonetta si rivela essere nella corrente ideologica dei critici della modernità intesa come rivoluzione tecnologica. “Frenare la crescita economica avrebbe infatti comportato la probabilità di un parallelo rallentamento del progresso tecnologico”.  Identifica nel simbolo del Leviatano di Hobbes il concetto globalizzante  della trasformazione tecnica del mondo che sta divorando l’ambiente naturale.
Credo tuttavia che le critiche di Simonetta al movimento ambientalista non vadano alla sostanza del problema. Una critica all’illuminismo che ne metta in discussione l’idea di progresso può essere pericolosa e fuorviante. Come sanno i miei lettori ritengo che non è il progresso tecnologico il nemico, ma l’uso che se ne fa. Alla base della crisi globale dell’ambiente c’è l’ideologia antropocentrica che vede nell’uomo il padrone assoluto del pianeta. Come tale, Homo utilizza la tecnologia come mezzo per trasformare l’ambiente secondo quelli che ritiene i propri bisogni, senza considerazione per la natura e tutte le altre specie. La tecnologia può essere mezzo di distruzione, ma può essere anche mezzo per ridurre l’impatto ambientale della presenza umana. L’uomo ha perso il controllo razionale del mezzo tecnologico, che si è autonomizzato. Ora la tecnica funziona in maniera impazzita non solo per soddisfare i desideri dell’uomo, ma addirittura per generarli ed indirizzarli. L’apparato tecnologico che gestisce il mondo è frutto della stessa visione antropocentrica ed è incentrato su una volontà di potenza umana priva di limiti. Ma la tecnologia è in sé un mezzo, e come tale può ritornare a essere gestita per la convivenza tra uomo e ambiente secondo una visione equilibrata (vedi “Il principio di Responsabilità” di Hans Jonas). La tecnologia può inquinare, ma può anche ridurre l’inquinamento e preservare la Terra.   Un esempio sono le nuove tecnologie per produrre energia e ridurre  le emissioni di carbonio in atmosfera. Le tecnologie di smaltimento e trasformazione degli inquinanti. I nuovi materiali eco-compatibili. Un altro esempio è la pillola anticoncezionale, prodotto tecnologico che riduce l’impatto numerico della nostra specie sulla Terra.
Ritengo che le scelte  che gli ambientalisti hanno davanti devono essere incentrate su una nuova concezione dell’uomo. 
Se analizziamo i motivi del fallimento, dobbiamo guardare ad un modello di poco precedente all’ambientalismo: quello del comunismo. Il comunismo non è fallito tanto sull’economia o nel campo della geo-politica. Il comunismo è fallito sull’uomo e sull’idea di uomo che ne era alla base. Il marxismo mirava ad assicurare il progresso dell'uomo fino a cambiarne la sostanza spirituale e materiale e creare un nuovo tipo di uomo senza differenziazioni di classe economica. Per quello scopo si era prefisso la distruzione della classe borghese nei paesi in cui avesse assunto il potere. Compito che riuscì a svolgere in maniera egregia. Ma fallì nella creazione dell’ “uomo nuovo”, come il marxismo definiva l’archetipo del nuovo cittadino dello Stato egualitario. Ne è scaturita la perdita dei valori tradizionali della cultura e della società che la classe borghese rappresentava, e l’emergere di una classe di burocrati grigi o peggio di arrampicatori sociali privi di scrupoli e accecati dal desiderio sfrenato di beni e di denaro inteso come valore assoluto. Come dimostra l’esempio della Russia contemporanea, che  non è nata dal nulla, ma da settanta anni di marxismo-leninismo. E la storia della Cina contemporanea ha confermato. 
Così è sull’idea dell’uomo che il movimento ambientalista si gioca il futuro, se ancora ne avrà uno. Copernico docet. Se l’uomo rimarrà il padrone assoluto del Cosmo e rimarrà l’imbarazzato silenzio degli ecologisti  sulla necessità di un controllo demografico dell’eccessiva crescita della nostra specie , non vedo vie di uscita. Ma se al centro rimettiamo la Terra e le sue infinite specie, e cerchiamo un nuovo paradigma di convivenza e di cura tra l’uomo e il pianeta, forse è possibile sperare ancora.

21 commenti:

  1. Non posso che appoggiare e condividere la piu' racdicale contrarieta' a tutte le perversioni autoreferiziali del tecnotesimo capitalistico lucrativo.
    Non c'e' alcuna necessita' di problemi senza soluzione: OGM, CCS, cibi frankenstein, bio (?) a km 5000, neonicotinoidi, composti chimici tossici del cloro, etc.
    Sono tutte antisoluzioni tecnoteiste a problemi introdotti dalla tecnologia e dalla crescita (demografica) che essi alimentano che ne causano di peggiori nel ciclo vizioso che ci sta portando al collasso globale.
    Considetato che tutte 'ste pagliacciate hanno ulteriromente peggiorato problemi: nuovi generazioni di insetti che si sbaffano il Thuringensis incorporato dai geni alieni, le piante infestanti hanno decuplicato la loro resistenza e ora le quantita' di veleni assurde che la modifica genetica permetteva di sopportare solo alle culture OGM ora sono del tutto ininfluenti (per le infestanti, non certo per i sistemi biotici che si trovano solo chimica teratogena a josa in piu' etc, la semplicissima rotazione culturale che si impara alle elementarei stronca la diabrotica che imperversa nei campi coltivati SEMPRE a mais.
    E' proprio l'hybris tecnoteisto che si innalza a voler superare i limiti.

    Greenpeace si muove bene a parte... l'assordante silenzio sul tabu' demografico.
    Quella e' la causa di tutti i mali.
    'ste robe infernali sarebbero del tutto inutili in un mondo con 1 o 2 g homo.
    Capisco, utopia.
    Bene, teniamoci allora 'sto tumore antropico alimentato dal tecnoteismo e andiamo giulivi al collasso biotico e quindi di specie. Forse e' giusto cosi'.

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    1. Il problema e' anche filosofico visto che i cocomeriani semplicemente non ammettono nulla che costituisca un limite ad homo. Appena tocchi uno dei loro dogmi (e.g. la questione della violenza della crescita demografica e delle migrazioni di massa che essa causa) essi sclerano.

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  2. Anche Sartori è a favore degli OGM senza dei quali si condannerebbero alla fame centinaia di milioni di esseri umani. È vero che l'uomo ha sempre tentato di migliorare le razze, aumentare i raccolti e ha modificato allo scopo almeno in parte il paesaggio.
    Con gli OGM si è però fatto forse un salto di qualità delle cui ripercussioni sul lungo - e forse già sul medio - termine non possiamo dire quasi nulla. Io sugli OGM non posso esprimere un giudizio appropriato perché le mie conoscenze in materia sono nulle, come lo sono per la stragrande maggioranza della popolazione, anzi direi per la quasi totalità. Il mio atteggiamento è di prudenza e scetticismo, sono per l' «adelante Pedro con juicio» e mi appoggio od oriento su persone che considero oneste e affidabili, come l'ex teologo cattolico Eugen Drewermann (dapprima sospeso dall'insegnamento ha poi definitivamente abbandonato la Chiesa pur continuando a scrivere enciclopedici commenti sulle Sacre Scritture - leggibili e godibili anche da un non credente). Drewermann, che è molto ferrato nelle scienze (ed aveva calcolato in circa 1,5 mld di esseri umani la cifra ecocompatibile, anche per permettere ad altri e a lui carissimi esseri viventi di poter vivere) sosteneva che i processi biologici in natura si sviluppano e durano per periodi di 30'000 (trentamila) anni. Questo per dire che bisogna essere prudenti, andarci piano con certe innovazioni.
    D'altro canto c'è la necessità impellente di nutrire una massa di esseri umani debordante, molto probabilmente non sostenibile per il pianeta. E secondo alcuni (ma quanti sono e quanta fiducia possono suscitare?) questi OGM sarebbero la risposta adeguata e «innocente» - cioè innocua - alla domanda degli affamati. E anche una persona come Sartori si fa difensore di queste modifiche per sfamare i miliardi che lui considera del resto troppi (dove non ci sono acqua e risorse non dovrebbero vivere esseri umani). Non è una contraddizione insuperabile ed è forse anche dettata da pietà per tanta povera gente. Ma nessuno può dire con certezza cosa ci aspetta. Forse potrebbero - con altre mille diavolerie allo studio, più per far soldi che per venire davvero incontro ai bisogni dell'uomo - causare la fine della specie. È un dilemma quasi insolubile. In gioco ci sono gli equilibri geostrategici e il desiderio ormai universale di consumi e benessere. I padroni del vapore martellano giorno e notte che senza crescita economica e demografica - che sembrano interdipendenti - siamo perduti. Si associano a loro i fondamentalisti religiosi che non per niente sono coccolati dai padroni del vapore quasi tutti agnostici o atei (fa specie vedere Barroso in piazza S. Pietro per la canonizzazione dei due papi).
    Siamo tra l'incudine (i poteri economici) e il martello delle pretese crescenti dei popoli che i poteri economici accrescono per i loro interessi immediati. Delle sorti del mondo se ne strafottono, tanto a termine saremo tutti morti.
    Allora che fare? Forse non c'è niente da fare e bisogna delegare alla natura il compito di fare ordine, cioè di rimandare il sapiens sapiens alla casella di partenza o eliminarlo del tutto. Altro che innovazione, competitività, benessere per tutti: esche per i gonzi.

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  3. Il problema è radicale e le soluzioni comportano radicali cambiamenti nello stile di vita e nella stessa concezione della vita.
    Il problema ecologico è parte di un intero destino in cui all'anima dei luoghi, della terra, delle comunità e delle persone si va sempre di più sostituendo una tecnologizzazione spersonalizzante e atomizzante, antropocentrica e che distrugge e ci separa dalla selvatichezza saggia della terra. Impariamo dagli indios e dagli altri pochi popoli non ancora occidentalizzati che rimangono a difendere le proprie radici, le proprie connessioni ancestrali (materiali e spirituali) con il proprio territorio, la propria cultura, con la Madre.

    http://de-crea-zione.blogspot.it/2014/05/paesologi-e-territorialisti.html

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  4. Io, nel mio piccolo, sono contrario agli OGM, ma non per motivi ideologi, solo per motivi pratici.
    Infatti aumentando artificialmente le rese agricole, gli OGM consentono un aumento altrettanto artificioso (ed insostenibile) della popolazione umana.
    E questo, come tutti noi sappiamo, è il problema dei problemi, quello che deve essere risolto prima di tutti gli altri.

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    1. Caro Lumen, la relazione tra quantità di cibo disponibile e natalità non è lineare, ma intervengono fattori complessi. Se fosse come tu dici, noi che abbiamo le dispense piene, dovremmo avere tanti figli; e dove c'è la fame esservi poche nascite. In realtà è l'opposto. In certe condizioni, l'aumento di produzione di cibi porta benessere. Il benessere porta più sanità, più cultura, più qualità di vita, più disponibilità di contraccettivi, più igiene della gravidanza, meno nascite. Questo è quanto avvenuto, non solo in occidente, ma in oriente (basti pensare alla Corea, al Giappone, a certe zone dell'India, alla Thailandia ecc.).

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    2. Caro Agobit, riconosco che la tua analisi è più completa della mia, e che senza dubbio << la relazione tra quantità di cibo disponibile e natalità non è lineare >>.
      Però, e lo dico così a pelle, senza statistiche sottomano, che << Il benessere porta più sanità, più cultura, più qualità di vita, più disponibilità di contraccettivi, più igiene della gravidanza, meno nascite >> mi convince solo fino ad un certo punto.
      Probabilmente, trovare la strada giusta verso una riduzione "dolce" della popolazione mondiale è più difficile di quanto pensiamo.

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    3. Un'analisi molto interessante che mette in relazione tasso di natalità, reddito e energia disponibile. I risultati, non molto intuitivi, sono interessantissimi, così come le considerazioni finali dell'autore. Alla fine è tutta colpa del petrolio?
      http://physics.ucsd.edu/do-the-math/2013/09/the-real-population-problem/

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    4. Surplus energy “here” can grow babies “there.”
      Mi sembra una intuizione molto interessante. Grazie, Francesco, per l'articolo che voglio leggermi con calma...

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  5. In Italia l'esistenza del movimento di Grillo "urla" che l'ambientalismo non è affatto morto anzi... visto che l'ecologia è tra i temi fondanti di quel movimento. Cambiano solo le cose, i protagonismi ecc., nonostante tutto in Italia c'è un livello di conoscenza ragguardevole -tra laureati, studiosi, curiosi..- e l'essere ambientalista o ecologista significa solo che sei INFORMATO, e sei intelligente. Sugli OGM che sfameranno il mondo oggi è l'ennesima micidiale barzelletta, come lo è stata la rivoluzione verde che ha finito di affamare i popoli reso sterili immensi territori e avvelenato acque. L'utilizzo in ambiente aperto del DNA Ricombinate, che comporta l'ereditarietà di modifiche genetiche, comportando conseguenze IGNOTE, dovrebbe indurre TUTTI ad una sana PRUDENZA. Comunque alle multinazionali della fame del mondo interessa poco, interessa vendere lo stesso seme con il kit annesso dal polo sud al polo nord, e viaggiano su larga scala, come se i suoli fossero tutti uguali. Già questo è una barbarie.

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  6. Agobit, considerando la situazione italiana (cibo disponibile, ma bassa natalità) trascuri il fatto che abbiamo raggiunto un punto in cui il fattore limitante è lo STRESS. Col che non intendo certo quel po' di affanno che deriva dall'andare sempre di corsa, no. Mi riferisco a qualcosa che ti colpisce ad un livello più profondo, e del quale molte volte non abbiamo neppure una consapevolezza a livello conscio. Qualcosa che genera un malessere che sicuramente non spinge all'allegra riproduzione e che molto probabilmente abbatte la fertilità.

    Gli animali, tutti gli animali (quindi anche noi), pressati in un ambiente troppo ristretto e percepito come "ostile" reagiscono come stiamo reagendo a prescindere dalla quantità di cibo disponibile (che comunque è e sarà disponibile solo fintanto che avremo la possibilità di acquistarlo, e non è detta che duri a lungo -- la "roba" non cresce nei supermercati). Devo oliare il mio piccone, che non si sa mai.

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  7. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  8. OGM? E se la soluzione fosse modificare geneticamente la NOSTRA specie? Non so, per mantenere i numeri attuali si potrebbe "ingegnerizzare" una varietà umana costituita d'individui alti quindici centimetri e del peso d'un paio d'etti. Magari anche meno. Pensate, tanti omini saltellanti da poter stipare a decine in una scatola da scarpe -- lo spazio recuperato sarebbe enorme, e si potrebbe continuare a generare nuove persone con allegria. Se a un certo punto, dati i numeri crescenti, il problema della mancanza di spazio si dovesse ripresentare, basterebbe un ritocchino ai geni per creare ometti ancor più piccini picciò. Una figata!

    Peccato che l'idea non sia nuova:
    http://en.wikipedia.org/wiki/Get_'Em_Out_by_Friday
    http://www.youtube.com/watch?v=pFnNXGRGIzQ

    Apprendista stregone per apprendista stregone...

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    1. in verità la natura aveva selezionato una specie di ominide australopiteco alto 60 cm o poco più che ha abitato in Africa prima della comparsa delle savane. Con la trasformazione delle foreste in savane ci fu la necessità di alzarsi in piedi per vedere oltre gli arbusti e sfuggire ai predatori. Intervenne quindi la selezione della varietà ominide (Lucy) con la schiena eretta e le mani libere. Lì cominciarono i guai del pianeta. Da semplici raccoglitore l'ominide si trasformò in homo faber e cominciò a trasformare tutto l'ambiente circostante. Più che le dimensioni, conta l'affaccendamento trasformativo di homo e non credo che riducendone le dimensioni cambino gli effetti catastrofici. L'unico Ogm umano favorevole all'ambiente dovrebbe riguardare una sua minore fertilità....

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  9. Agobit, stavo semplicemente facendo dell'ironia (sarcasmo, se vuoi).

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  10. << L'unico Ogm umano favorevole all'ambiente dovrebbe riguardare una sua minore fertilità.... >>

    E, magari, anche un minor livello di aggressività, che non guasterebbe.

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    1. Ma la cosa - abbassare il livello di aggressività - è probabilmente già fattibile ora come ha proposto già molti anni fa il filosofo Sloterdjck secondo il quale la cosa costerebbe molto meno e avrebbe risultati migliori dell'opera educativa per civilizzare l'uomo (considera quanto spende la collettività per l'istruzione/educazione).
      Ma è una proposta o un'idea veramente delicata perché nessuno può sapere esattamente che cosa comporterebbe un intervento di questo genere sul patrimonio ereditario. Perché un livello minimo di aggressività è fondamentale per la sopravvivenza. L'eliminazione o forse anche solo la riduzione dell'aggressività potrebbe significare la fine della specie. O comunque un'autentica rivoluzione antropologica dalle conseguenze imprevedibile. Penso che nemmeno la Chiesa sarebbe per un intervento del genere (visto che sarebbe per lei ovviamente "contro natura", anche se a fin di bene). Quella di Sloterdjk era ovviamente una mera ipotesi che nessuno prende ufficialmente sul serio, ma chissà se in qualche laboratorio o ad altissimo livello (trilaterale, massoneria ecc.) non ci stiano facendo davvero un pensierino, anzi siano già all'opera.

      Forse sarebbe meno pericoloso abbassare il livello di fecondità (la pillola non è pratica o l'ideale). In condizioni normali però ci pensava appunto la natura a contenere l'espansionismo dell'homo sapiens, solo che negli ultimi secoli abbiamo fatto progressi da gigante e abbiamo fregato la natura - che però quasi sicuramente avrà l'ultima parola.

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    2. Ho l'impressione che cercando di abbassare il livello di aggressivita', non lo abbassi, lo alzi, perche' finisci per selezionare la maggiore aggressivita', quella piu' difficile da sconfiggere. Qualsiasi tentativo di limitare un carattere, a meno che non riesca a distruggerlo completamente, cosa molto improbabile, lo irrobustisce. E' il principio della potatura in agricoltura: piu' accorci un ramo, piu' si sviluppera' nella stagione successiva. Piu' cerchi di distruggere un parassita, piu' diventera' forte sul lungo periodo. Tutti i contadini lo sanno. Il fatto che la politica, e la relativa legislazione, non riesca quasi mai ad ottenere altro che il risultato contrario di quel che si prefigge, se non per il breve periodo in cui puo' aumentare esponenzialmente la pesantezza del rimedio (vedi la tassazione e la normazione) e' dovuto a questa legge generale della natura vivente. E' solo il sasso che se lo prendi a calci non reagisce con forza maggiore e contraria. Dubito percio' che una politica di controllo demografico possa funzionare, e' piu' probabile che funzioni una politica di aumento indiscriminato. ;)

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  11. Nel mondo della selezionare naturale bisogno stare attenti agli effetti paradossi, come numerosi altri esempi dimostrano. Una riduzione per via genetica della aggressività della specie Homo potrebbe generare più guerre e conflitti. Spesso gli equilibri si reggono su un certo livello di aggressività. Una sua riduzione aprioristica può squilibrare il sistema delle relazioni tra gruppi umani, fino a generare conflitti catastrofici in presenza di armi potenti generate in situazioni del tutto diverse.A volte, in via teorica, per preservare una situazione di pace, potrebbe essere necessario un livello di aggressività più alto...

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  12. Nel Giornale di oggi 27 maggio:

    La sua battaglia è cominciata 60 anni fa come deputato e 40 anni fa con la fondazione del Fn. Come mai adesso il successo?
    «Perché ora più che mai il popolo francese sente di essere in pericolo, in grave pericolo».
    Qual è il rischio?
    «Ci sono 735 milioni di europei con un tasso di natalità di 1,4 figli per donna e poi c'è un blocco di 7 miliardi di persone, tra cui un intero continente, l'Africa, con un tasso di natalità del 4,5. È come un camion che arriva dritto in faccia mentre stai guidando».
    La crescita della popolazione è il suo spauracchio?
    «È la sostituzione della popolazione».

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  13. Da un articolo di Lidia Menapace su "Italialaica"

    "Se indichiamo come segni di mutamento di sistema anche le migrazioni di popoli e la loro ineluttabilità, possiamo elencare quelle che seguirono la caduta dell'Impero romano e furono chiamate "invasioni barbariche", quelle che seguirono la scoperta del Nuovo mondo, che portarono dall'Europa in America gli Irlandesi costretti alla fame da una tremenda carestia di patate, e gli Africani negli stati del sud Usa attraverso una delle più barbare forme di schiavismo. Oggi con la crisi globale strutturale e finale del sistema capitalistico, le migrazioni di popoli si ripetono ineluttabili e non si può fare altro, se non si capisce che occorre una mutazione sistemica o ripercorrere le orrende storie della schiavitù, dei pregiudizi, dei colonialismi e nazionalismi. Il continente africano -ancora una volta- dopo essere stato invaso e depredato dal colonialismo dei popoli "civili" d'Europa e dai mercanti di schiavi ecc. é ancora protagonista di migrazioni di popoli, che si riversano sulle aree geograficamente accessibili d'Europa incubando e favorendo il ricrescere di nazionalismi inutilmente difensivi ed egoisti, che sarebbero ridicoli se non fossero tanto pericolosi. Mala tempora...: ma almeno sappiamo che cosa bisognerebbe fare e non abbiamo scusanti."

    Dunque, Lidia, che dovemo fa'? Intendo: concretamente. Non so, per es. potremmo dividere il PL mondiale per 7,2 mld (che saranno ben presto 8). I "problemi tecnici" per la ripartizione (di petrolio, gas, acqua potabile e cibarie) non dovrebbero essere insuperabili, "se c'è la volontà" di pace e giustizia, no?
    Fra parentesi: quanti figlia hai, Lidia? E che ne diresti di rallentare almeno un po' la crescita demografica, in attesa di una stabilizzazione e poi di un calo? O questa è per te una questione irrilevante, c'è posto acqua e cibo per tutti, anche per 1000 miliardi di esseri umani, è solo una questione di buona volontà e organizzazione? Ah, be'. Tante belle cose, buona fortuna (tanto stiamo per levare il disturbo noi, se la vedranno "loro").

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